Un saluto a tutti i presenti
ed un ringraziamento per avermi dato la parola.
Leggerò questo mio intervento per il senso di rispetto
che nutro nei confronti di questa assise. Da sempre reputo il Congresso
Nazionale un passaggio cruciale, importantissimo nella vita di un sindacato.
Talmente importante che, secondo me, deve essere fonte di analisi, confronto,
dibattito ed idee da tirare fuori. Ebbene tutto ciò non voglio affrontarlo con
un discorso a braccio dove potrei correre il rischio di dimenticare qualcosa, a
volte anche di importante, o di essere impreciso.
Siamo oggi qui a celebrare
un congresso in una fase a dir poco delicata. Banche che falliscono vendute ad
1 euro, una Mifid2 ancora più incalzante, un Quantative Easing che sembra aver
fallito il suo obiettivo dell’inflazione al 2%, una digitalizzazione che sta
portando alla chiusura di moltissime filiali e a piani industriali che di
rilevante contengono solo cessioni di rami d’azienda ed esuberi di personale.
Con la diretta conseguenza di consegnare alla clientela filiali con sempre meno
organico, a volte aperte solo di mattina o a giorni alterni, con carichi di
lavoro difficilmente sostenibili e richieste di budget spropositati e
conseguenti pressioni commerciali sempre più insopportabili.
Ed in tutto ciò anche la politica fa la sua parte,
come sempre in maniera inopportuna. Prima interferendo nella gestione del
credito, vedi MPS, poi nella scelta di decretare la fine di quattro istituti di
credito con una decretazione notturna e senza confronto con le parti sociali.
Successivamente decidendo di riformare le banche popolari ed i crediti
cooperativi nonostante il parere contrario dei sindacati. E, da ultimo,
avviando una commissione di inchiesta parlamentare dove sono stati ascoltati
tutti, tranne i rappresentanti dei lavoratori ed il club delle giovani
marmotte.
Inoltre, come non bastasse, in questi giorni c’è chi
vuole rimettere in discussione le trattenute sindacali, dimenticando, o
ignorando, gli effetti del referendum del 1995. Forse quel qualcuno ha solo
bisogno di visibilità o dovrebbe ripassare un po’ di storia recente prima di
parlare, a meno che dietro questa provocazione, perché di tale si tratta, non
c’è in atto un disegno teso a depotenziare il mondo sindacale. Ma questa allora
sarebbe un’altra partita …
Non da ultimo la politica è riuscita a mettere il naso
anche nella gestione delle sofferenze, e forse questo lo ha fatto senza creare
troppi danni, le sofferenze stanno diminuendo nei bilanci bancari, ma non per
il miglioramento della qualità del credito, ma solo perchè vengono cedute a
società specializzate, spesso estere, anche se da qualche settimana sembra che
dall'Europa arriverà un altro allarme, quello sugli incagli, e se dovesse
concretizzarsi per le banche saranno dolori, ma di quelli veri.
Ma ritorniamo alla digitalizzazione che fa passi da
giganti e si parla spesso di innovazione e sostenibilità. Non passa settimana
dove non ci sono novità eclatanti in merito, ed altrettanto eclatanti abusi sui
dati personali, vero core business di questo settore. Ebbene nessuno ha
l’ambizione di fermare la tecnologia, sarebbe ridicolo come colui che vuole
fermare il corso di un fiume con le mani, ma dobbiamo provare a gestire i suoi
nefasti effetti sia in termini occupazionali che professionali e anche sociali.
A livello occupazionale il trend, purtroppo, sembra
essere quello delineato dal criticatissimo CEO di Deutsche Bank, quando un
annetto fa dichiarò che il suo obiettivo era sostituire alcuni bancari che
facevano operazioni ripetitive con dei robot, non so se fosse anche questa una
provocazione o meno, ma nei fatti sta già accadendo con gli ATM evoluti.
A livello professionale siamo sempre più incardinati
dentro procedure standardizzate che fanno perdere il contatto tra il bancario
ed il clienti. Oggi stiamo arrivando al punto che non conosciamo l’azienda che
abbiamo di fronte, ma il suo rating e sulla base di questo dato si concede o
meno credito, senza entrare nel dettaglio di ciò che vuole fare l’imprenditore
che entra in filiale, come lo vuole fare e che impatto avrebbe sul territorio.
Si è diventati astratti pensando, forse, che fare imprenditoria ha lo stesso
peso e lo stesso valore sia ad Aosta che a Trapani.
Non è così, noi che stiamo tutti i giorni nei posti di
lavoro e a contatto con i colleghi lo sappiamo benissimo, ma chi governa certi
processi evidentemente no.
A livello sociale bisogna partire da un dato emerso da
uno studio di Eurostat, dove si evidenzia che nel corso del 2017, solo il 31%
degli italiani ha utilizzato il web per pagamenti, bonifici o anche
semplicemente per controllare il conto corrente, contro il 29% del 2016. Un
incremento modesto se paragonato a quanto accade in Europa dove l'utilizzo
dell'e-banking ha raggiunto in media il 52% della popolazione. Ora delle due
l'una, o c'è un grande mercato ancora da sviluppare, oppure gli italiani
preferiscono oserei dire culturalmente il contatto con il bancario, con colui a
cui affidano i propri risparmi.
In ultimo condivido l'analisi sui piccoli comuni senza
servizi bancari. Ad oggi ho fatto un piccolo studio e ci sono ben 2.456 comuni
senza banche. Quindi circa 5 milioni di nostri concittadini sono lasciati nelle
mani di compro oro e negozietti finanziari gestiti spesso da figure di dubbia
provenienza.
Dunque scandali, malagestione, incapacità della
politica, aggressione digitale, in questo scenario va a collocarsi un congresso
Uilca che ha il grande merito di volersi rinnovare e la grande preoccupazione
di gestire il futuro del settore, oltre che il prossimo rinnovo del CCNL Abi.
Una stagione contrattuale che verrà affrontata non in
maniera casuale, ma forti di una alleanza confederale, se vogliamo ritrovata, e
sancita dall'accordo sottoscritto tra le tre confederazioni e le relative
federazioni del credito che andrà sicuramente a riequilibrare i rapporti
interni. Ma, come ha affermato giustamente il Segretario Generale. non va
interpretato come una conventio ad excludendum, ma tutt'altro, un
accordo inclusivo che però fonda le sue basi su quella cultura confederale
indispensabile per affrontare qualsiasi tematica inerente i diritti dei
lavoratori, soprattutto negli ambiti contrattuali.
Un contratto che controparte vorrà sicuramente
stracciare e ridurre a brandelli, ci ha già provato nel 2015 e non si vede
perché non dovrebbe farlo ora. Ma l’operazione non gli riuscì grazie alla ferma
opposizione unitaria del mondo sindacale che fece scendere in piazza migliaia e
migliaia di lavoratori, ricordiamolo, non per ottenere un faraonico aumento di
stipendio o chissà quale privilegio, ma per difendere il contratto stesso, la
sua essenza, la sua natura, evitando se vogliamo anche la creazione di un
pericoloso precedente a danno di altre categorie di lavoratori
E da quella forza unitaria
si dovrà ripartire se si vorrà riformare un contratto che è oggettivamente
vecchio, basti pensare che prevede un buono pasto da 1,80 euro, ma deve essere
riformato in chiave moderna e con un’ottica di lungo respiro, non pensando al
breve periodo o, peggio ancora, al solo risparmio dei costi del personale. Bene
ha fatto negli ultimi rinnovi il mondo sindacale a presentare unitariamente
proposte di rinnovo contrattuale che parlavano non solo ai lavoratori, ma a
tutti gli operatori finanziari, all’intero sistema bancario, all’economia
italiana e quindi all’Italia stessa, nel tentativo di riformare il settore
tenendo ferma, però, quella vocazione sociale che dovrebbero avere le banche,
vocazione sociale che ha anche evocato Messiah proprio su questo palco. Piattaforme
che non si sono mai discusse realmente adducendo come scusa la crisi o
organizzazioni del lavoro differenti da banca a banca. Peccato che in molti
casi i piani industriali, e l’organizzazione interna, sono fotocopiati perché
elaborati dalla medesima società di consulenza esterna. La realtà è che non si
è entrati nel merito della discussione per viltà di una classe dirigente, spesso
autoreferenziale, che non ha voluto mettersi in discussione.
Ma il mondo cambia e cambia
per tutti, non solo per i sindacati, non solo per i lavoratori, ma anche per
gli imprenditori ed i banchieri.
Si parla di uno slittamento della discussione del nuovo
CCNL e l’idea non mi dispiace. Questo perché darà modo a tutti di valutare ciò
che accadrà alla ex Alcoa. Un’azienda metalmeccanica, giova ricordarlo, che
rinasce e lo fa riservando il 5% del capitale sociale ad una associazione di
lavoratori ed istituendo, proprio insieme ai lavoratori, un comitato di
sorveglianza, dando così l’avvio all’applicazione dell’articolo 46 della
Costituzione che prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle
imprese. Ebbene se questa azienda, questo esperimento, dovesse andare bene, e
sulla scia di questo ne dovessero andare bene altri, cosa ci impedirebbe di
dire ai banchieri che si, il mondo cambia, ma può anche cambiare il sistema di
gestione delle imprese stesse.
Non parlo di fantascienza,
non ho aperto il libro dei sogni, ma qualcosa che si sta realizzando
concretamente qui in Italia.
Non credo che ci si debba
far intrappolare da una determinata narrativa che sposta l’asticella sempre più
in la e considera i lavoratori e le filiali bancarie qualcosa di vecchio
rispetto al web, ai siti internet, alle applicazioni per smartphone. E’ uscito
pochi mesi fa uno studio della Federal Reserve, quindi la banca centrale
americana, culla della modernità e della digitalizzazione, il quale dimostra
che nel 2017 l’81% dei clienti bancari statunitensi ha avuto la necessità, a
vario titolo, di entrare in una filiale fisica almeno una volta l’anno. E,
incredibilmente, coloro che hanno dichiarato di averne più bisogno non sono gli
anziani o gli analfabeti informatici, ma i Millenials.
E questo, ripeto, succede
negli Stati Uniti d’America e non in un paesino sperduto dell’ultima provincia
italiana.
Quindi usare il CCNL per
cercare non tanto di uscire dalla crisi, ci si sta lentamente riuscendo, ma per
far recuperare ad un settore bancario sotto pressione un’ottica di impresa che
non guarda solo al prossimo bilancio semestrale, e una credibilità ormai
perduta proprio a causa di banchieri che molto spesso non sono stati capaci di
mettere in sicurezza o di rilanciare le banche che sono stati chiamati a
gestire.
Ed accanto ad un CCNL
vecchio abbiamo un altro strumento obsoleto, l’accordo sulle agibilità
sindacali.
Ho letto attentamente il
documento programmatico-organizzativo che punta molto sulle RSU quando si
affronta il tema della rappresentanza e, personalmente, non condivido in pieno
questa impostazione, d'altronde il Segretario lo sa, non condividiamo proprio
tutto … lui è juventino, io no.
Le RSU, secondo esperienze
vissute in altre categorie, vanno bene laddove sono presenti fabbriche con
centinaia o addirittura migliaia di lavoratori, ma in una realtà fortemente
parcellizzata come quella bancaria, non credo possa avere successo, anche se, qualora
si realizzasse, sono convinto che tutta la Uilca sarà disposta a mettersi in
discussione.
Personalmente vedo pericolosa questa strada e con
pochi ritorni positivi. Vedrei, invece, più praticabile una riformulazione
estensiva del concetto di piazza che non
si limiti al comune in cui insistono i 16 lavoratori. Si darebbe una maggior spinta
al sindacalismo di base e a quel rinnovamento tanto auspicato in questo
documento congressuale, anche perché la compagine sindacale, tutta, non può
permettersi il lusso di distanziarsi troppo dai lavoratori e dai posti di
lavoro.
Difesa dei lavoratori, riforma del contratto e delle
relazioni industriali e, si spera, anche difesa dell'italianità del credito.
Troppe sono le voci su una Unicredit che starebbe per diventare francese. Siamo
in piena globalizzazione, in un mondo che corre molto velocemente, ma voglio
pensare che abbiamo ancora a cuore le sorti della nostra terra e anche se il
nostro potere può sembrare limitato rispetto a certe decisioni, provare a dire
la nostra, a difendere l'italianità delle nostre aziende, soprattutto quando
sono sane, non mi sembra del tutto sbagliato.
Proviamoci.
Grazie.
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