La tristemente famosa “spending review” in italiano il Governo l’ha tradotta in “disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”. Così viene definita nel disegno di legge presentato al Senato.
Quindi i due pilastri dovrebbero essere da un lato la revisione della spesa pubblica, dall’altro l’importante invarianza dei servizi ai cittadini.
Ma c’è più di un dubbio in merito.
In questo decreto, infatti, è prevista la cancellazione con un colpo di spugna di tutte le società in house e partecipate dalle amministrazioni, a tutti i livelli. Ebbene la domanda, a cui non è stata data risposta, è: come la Regione, o le Provincie, o i Comuni possono continuare a fornire l’invarianza dei servizi senza queste società e senza questi lavoratori. Come può la Regione Lazio far funzionare la sua macchina amministrativa con circa 2.500 persone in meno? Ed il Comune di Roma con 1.800 lavoratori in meno?
Da Segretario Regionale del Credito mi domando come può, ad esempio, la Regione Lazio garantire l’invarianza dei servizi alle imprese senza l’apporto strategico di società quali Unionfidi, Bil o Sviluppo Lazio. Unionfidi, in particolare, è quella società che grazie ad un sistema di garanzie consente a molte aziende di accedere al credito bancario con costi e tassi più contenuti rispetto al mercato, garantendo le banche assumendosi parte o tutto il rischio. Ebbene solo il Cielo sa cosa accadrebbe a queste aziende laziali se dall’oggi al domani Unionfidi si smaterializzasse.
Ma non solo, oggi come oggi, come si potrebbe fare a meno di Lazio Service, di Lait, di Astral, di Risorse per Roma, di Zetema o di tutte le altre aziende che grazie all’apporto ed alla professionalità dei lavoratori che giorno dopo giorno con impegno e dedizione consentono alle amministrazioni di rispettare gli impegni con la cittadinanza?
Insomma è di tutta evidenza che stiamo parlando di un decreto non voluto, non gradito e che non è neanche capace di rispondere ai requisiti che si prefiggeva. Un governo deve avere anche, e voglio dire soprattutto, una sensibilità verso il sociale, come si può pensare di risanare lo Stato licenziando per decreto circa 100.000 lavoratori? Tutto ciò, poi, in un momento congiunturale di crisi profonda come quello attuale, dove se una persona perde il posto di lavoro, le speranze di trovarne un altro sono pari allo zero.
Questo Governo, nato come tecnico, ha prodotto una lunga sequela di disastri ai danni dei soliti noti. Ci si aspettava una competenza di altro livello, una profonda conoscenza della macchina dello Stato che avrebbe consentito di correggerne le storture, ci si aspettava un profilo differente.
Invece no, invece tutto ciò non c’è stato.
- Aumento della benzina;
- Reintroduzione dell’ICI sulla prima casa, ma sotto mentite spoglie e con aliquote doppie rispetto a prima;
- Introduzione di una riforma delle pensioni che ancora oggi si fatica a comprendere nei suo numeri, nelle sue risorse e nei suoi reali risparmi;
- Introduzione di una riforma del lavoro che definire iniqua e non condivisa è poco.
- Approvazione, tra il silenzio generale, di un provvedimento denominato “fiscal compact” orientato solo sulla riduzione del debito pubblico e che condannerà l’Italia, secondo i più ottimisti, ad almeno 10-15 anni di recessione.
Ma insomma, era necessario chiamare dei professori per fare tutto ciò? Erano necessari dei cattedratici per varare provvedimenti che potevano essere presi anche dal Consiglio Comunale di Roccofrittole?
Ed allora ecco il motivo della nostra presenza qui, ecco il motivo della nostra manifestazione.
Siamo qui per urlare in maniera forte che siamo indignati di fronte a tutto quanto è stato fatto finora.
Si vadano a cercare i grandi evasori, si vadano a tagliare gli sprechi laddove esistono, si vada a colpire chi rema contro l’Italia e gli italiani.
Non si tagliano i lavoratori.
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